“I genitori possono donare ai figli solamente due cose: le radici e le ali" (Proverbio del Quebec)

Crescere un figlio è un’esperienza bellissima ma anche molto complessa e piena di sfaccettature. Essere “genitori efficaci” è certamente una grande ambizione ma è anche un compito, una responsabilità, un’impresa difficile e non priva di insicurezze e  problematiche. Prendo in prestito come titolo del mio articolo proprio una frase che esprime questa complessità e che ci suggerisce che il compito dei genitori è dare radici e mettere le ali ai propri figli. Volendo tradurre o parafrasare potremmo dire che i genitori hanno il compito di creare nei propri figli due importanti sentimenti:
- il senso di appartenenza che crea le radici;
 l’autonomia che mette le ali.
Quello che viene comunemente definito senso di appartenenza è sicuramente un sentimento di fondamentale importanza poiché esprime il legame che si instaura tra i componenti di una famiglia, tra genitori e figli, per via di una comune matrice culturale, intellettuale, sociale, etica e di comportamento e per via di scambi affettivi e comunicativi. Tuttavia è anche vero che un senso di appartenenza troppo marcato può comportare effetti deleteri. In questi casi l’organismo si chiude in se stesso separandosi dal contesto più ampio; finisce col prendere piede una logica di divisione di tipo “dentro/fuori” per la quale gli estranei vengono visti come diversi. È questa è la stessa logica che ispira per esempio le sette o le associazioni integraliste; in questi casi, per lo più patologici, l’appartenenza diventa “identità” ed è talmente esasperata che gli estranei da diversi finiscono col diventare nemici. Per cui non c’è più spazio per la propria individualità, le proprie aspirazioni o inclinazioni. L’adesione totale e incondizionata a questo nucleo così fortemente caratterizzato rischia di non far sviluppare nel bambino in crescita un senso di responsabilità per le proprie scelte, delegandole agli altri. Bisognerebbe permettere ai figli man mano che crescono di collocarsi in una posizione di “confine”: sufficientemente dentro, così da contribuire e attingere a un comune sentire, ma anche sufficientemente fuori, così da confrontarsi con altre realtà ed esercitare liberamente il proprio giudizio critico.
Appartenenza dunque deve rappresentare la certezza di poter tornare, la certezza di una parola di conforto o incoraggiamento, la certezza di non far torto a nessuno essendo se stessi e seguendo le proprie inclinazioni. Solo così l’appartenenza permette ai figli di differenziarsi e sviluppare la propria individualità. Il senso di differenziazione e di individualità si forma con la partecipazione a  differenti contesti e gruppi extrafamiliari. I genitori che, adattandosi in maniera flessibile ai bisogni specifici del bambino in crescita, delimitano diversi campi di autonomia che egli può sperimentare, permettono ai loro figli di diventare autonomi e spiccare il volo. Autonomia è libertà.

Concludo osservando che la trattazione non è certamente esaustiva poiché l’argomento è evidentemente molto ricco e complesso. Ogni fase della crescita offre spazi diversi per lo sviluppo dell’autonomia. Questo sintetico articolo esprime semplicemente l’intento di avviare una riflessione e dei punti di domanda poiché è mia ferma convinzione che  il denominatore comune che dovrebbe ispirare le nostre azioni e di cui sempre vi parlerò è la “consapevolezza” ed essa non può esserci se non ci fermiamo di tanto in tanto a riflettere e ad “ascoltarci”. 

Dott.ssa Gisella Vilardo

Nessun commento:

Posta un commento