Crescere un
figlio è un’esperienza bellissima ma anche molto complessa e piena di
sfaccettature. Essere “genitori efficaci” è certamente una grande ambizione ma
è anche un compito, una responsabilità, un’impresa difficile e non priva di
insicurezze e problematiche. Prendo in
prestito come titolo del mio articolo proprio una frase che esprime questa
complessità e che ci suggerisce che il compito
dei genitori è dare radici e mettere le ali ai propri figli. Volendo
tradurre o parafrasare potremmo dire che i genitori hanno il compito di creare
nei propri figli due importanti sentimenti:
- il senso di appartenenza che crea le radici;
- l’autonomia che mette le ali.
Quello che
viene comunemente definito senso di appartenenza è
sicuramente un sentimento di fondamentale importanza poiché esprime il legame
che si instaura tra i componenti di una famiglia, tra genitori e figli, per via di una comune matrice culturale,
intellettuale, sociale, etica e di comportamento e per via di scambi affettivi
e comunicativi. Tuttavia è anche vero che un senso di appartenenza troppo
marcato può comportare effetti deleteri. In questi casi l’organismo si chiude
in se stesso separandosi dal contesto più ampio; finisce col prendere piede una
logica di divisione di tipo “dentro/fuori” per la quale gli
estranei vengono visti come diversi. È questa è la stessa logica che ispira per
esempio le sette o le associazioni integraliste; in questi casi, per lo più patologici,
l’appartenenza diventa “identità” ed è talmente esasperata che gli estranei da
diversi finiscono col diventare nemici. Per cui non c’è più spazio per la
propria individualità, le proprie aspirazioni o inclinazioni. L’adesione totale
e incondizionata a questo nucleo così fortemente caratterizzato rischia di non far
sviluppare nel bambino in crescita un senso di responsabilità per le proprie
scelte, delegandole agli altri. Bisognerebbe permettere ai figli man mano che
crescono di collocarsi in una posizione di “confine”: sufficientemente dentro,
così da contribuire e attingere a un comune sentire, ma anche sufficientemente
fuori, così da confrontarsi con altre realtà ed esercitare liberamente il
proprio giudizio critico.
Appartenenza dunque deve rappresentare la certezza di poter
tornare, la certezza di una parola di conforto o incoraggiamento, la certezza di
non far torto a nessuno essendo se stessi e seguendo le proprie inclinazioni. Solo così l’appartenenza permette ai figli di
differenziarsi e sviluppare la propria individualità. Il senso di differenziazione e di individualità si
forma con la partecipazione a differenti contesti e gruppi extrafamiliari. I
genitori che, adattandosi in maniera flessibile ai bisogni specifici del bambino
in crescita, delimitano diversi campi di autonomia che egli può sperimentare, permettono
ai loro figli di diventare autonomi e spiccare il volo. Autonomia è libertà.
Concludo osservando che la trattazione non è certamente
esaustiva poiché l’argomento è evidentemente molto ricco e complesso. Ogni fase
della crescita offre spazi diversi per lo sviluppo dell’autonomia. Questo
sintetico articolo esprime semplicemente l’intento di avviare una riflessione e
dei punti di domanda poiché è mia ferma convinzione che il denominatore comune che dovrebbe ispirare le
nostre azioni e di cui sempre vi parlerò è la “consapevolezza” ed essa non può
esserci se non ci fermiamo di tanto in tanto a riflettere e ad “ascoltarci”.
Dott.ssa Gisella Vilardo

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